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Villa Torlonia
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Casa CZ
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Appartamento PR
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Casa BT
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Appartamento CM
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“Era un Parcheggio”
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#ScuoleInnovative
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FORESTA Terni Festival
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MAGMA ModuloFest
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San Giorgio Brunico
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Villa Belpoggio-Baciocchi
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Santa Maria del Carmine
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Fare Piazza
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Villa Troili Roma
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Ref

Villa Torlonia

Luogo

San Mauro Pascoli

Anno

2019

Tipo

Progettazione architettonica e direzione lavori

Fotografie

Daniele Lisi

Progettazione architettonica e direzione lavori per il restauro e risanamento conservativo dell’ala sud – est del complesso monumentale La Torre – Villa Torlonia, San Mauro Pascoli, (FC). Bando Por Fesr 2014 – 2020, Asse 5 -Progetti di riqualificazione di beni ambientali e culturali.
Cat. Opere E22 – edifici di interesse storico artistico sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs 42/2004

RTP: arch. M. Farneti, ing. P. Faccio, arch. A. Sperandio, arch. A. Lontani, E. Semprini.

La Villa Torlonia di san Mauro Pascoli (FC), per il suo valore architettonico e di memoria storica del paesaggio rurale, rappresenta uno dei beni culturali più importanti del territorio del Rubicone. Definita dal codice dei beni culturali come “complesso monumentale”, la sua pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse ha acquisito, come insieme, un’autonoma rilevanza artistica, storica ed etno-antropologica. Se un tempo Villa Torlonia era una perfetta fabbrica rurale, con depositi, stanze per la produzione, ambienti di lavoro e residenza, la storia di oggi ne ha sancito l’inevitabile declino funzionale trasformando il compendio in una suggestiva macchina per eventi culturali. La riorganizzazione funzionale degli ambienti, l’adeguamento agli standard di sicurezza della normativa vigente, la conservazione delle caratteristiche costruttive, materiali e spaziali sono le principali esigenze a cui il progetto di restauro cerca di dare risposta attraverso soluzioni reversibili, ispirate al criterio del minimo intervento e della distinguibilità delle nuove aggiunte rispetto alla preesistenza.

Il primo obiettivo da soddisfare è la rifunzionalizzazione degli spazi legati al progetto culturale Parco Poesia Pascoli. Per rispondere a tali esigenze si ricerca una soluzione distributiva chiara, razionale, capace di esaltare le qualità spaziali dell’edificio storico. Vengono introdotti due accessi distinti, l’uno dalla corte interna, accesso odierno per le cantine e la Sala delle Tinaie, l’altro dall’ingresso originario alla Sala delle Tinaie, fino ad oggi inutilizzato, prospiciente la Chiesa dei ss. Pietro e Paolo. L’accesso dalla corte potenzia le funzioni di accoglienza e orientamento della villa attraverso nuove zone a disposizione del pubblico con biglietteria, bookshop, spazi di accoglienza e servizi igienici. La sala di ingresso alle cantine, caratterizzata da un solaio con volte a crociera su pilastri in muratura, sarà utilizzata per allestimenti minimali e priva di particolari impianti tecnologici mentre la lunga sala adiacente, posta sotto la Sala delle Tinaie, sarà sede del nuovo “Museo Pascoliano Multimediale”. In corrispondenza del nuovo ingresso alla Sala delle Tinaie, riallestita per mostre temporanee, una torre metallica a base rettangolare, comprendente corpo scala e ascensore, collega tutti i piani dell’edificio. La struttura realizzata interamente in acciaio si distacca dalle pareti originarie ricadendo in uno spazio libero da elementi strutturali. Al piano primo vengono riaperti al pubblico spazi da anni inaccessibili, come l’ex sala delle Tabacchine dove verrà ospitato il foyer di accesso al teatro. Da esso due porte, l’una esistente e l’altra aperta a forza, portano alla sala del Teatro di circa 200 posti. Nei locali adiacenti, la sala attori e l’allestimento del Laboratorio delle Associazioni riorganizzato con spogliatoi e servizi.

Dopo aver dato un nuovo uso agli antichi spazi, il recupero passa dalla conservazione degli ambienti. Solo se si concepisce il restauro come un’evoluzione nella vita dell’edificio, solo se si pensa al monumento come divenire, come il risultato di continue trasformazioni, si può cogliere il senso della scelta conservativa intrapresa per l’ala sud-est del compendio. Internamente ed esternamente si è scelto di mantenere lo stato attuale dellʼinvolucro procedendo alla sola sostituzione degli infissi in legno delle sale espositive con infissi in ferro, che richiamano il carattere “industriale” della porzione di Villa restaurata. Tutte le sale sono state lasciate prive di intonaco allo scopo di mettere in luce la diversa tessitura delle murature in mattoni a testimonianza delle sovrapposizioni, delle tracce storiche delle differenti fasi costruttive. Alle incrostazioni, ai brandelli di intonaco, alle travi arrugginite si sovrappongono canali microforati in acciaio zincato, proiettori neri, corpi elettrici lasciati a vista, componenti tecnologiche indispensabili per insediare la nuova funzione pubblica.

Ad ogni spazio inoltre viene garantita accessibilità, superando le numerose barriere e dislivelli sorti a seguito dei molteplici ampliamenti del compendio, attraverso tre diversi sistemi di collegamento: scale, rampe, ascensore che mettono in relazione stanze e livelli della Villa che da troppo tempo necessitavano di dialogare. I corpi di collegamento verticale sono tutti sono manufatti in acciaio acidato, accurati nel disegno e nella fattura artigianale, hanno forme geometriche pure e si distinguono nettamente dal contesto per non risultare dopo breve tempo obsoleti dal punto di vista estetico. Le nuove forme pure, contemporanee, e i materiali impiegati come il vetro, il cemento, l’acciaio acidato, le pareti di cartongesso lisce e prive di imperfezioni sono pensate per entrare in relazione con le superfici incrostate e corrose dal tempo degli antichi paramenti murari cercando di non alterare la percezione della qualità spaziale dell’edificio storico.

Casa CZ

Luogo

San Mauro Pascoli

Anno

2018

Tipo

Progettazione architettonica e direzione lavori

Fotografie

Daniele Lisi

Intervento di ristrutturazione di abitazione privata

Obiettivo del progetto è dare luce naturale ad ambienti allo stato di fatto troppo poco illuminati, attraverso interventi puntuali di ridistribuzione interne, apertura di nuove finestre e allargamento di quelle esistenti. Espressione dell’approccio progettuale è la finestra orizzontale aperta sull’impronta del camino esistente che oltre a garantire un maggiore apporto di luce alla zona giorno consente un affaccio diretto verso la campagna. La zona giorno è caratterizzata dalla continuità di soggiorno – pranzo – cucina, enfatizzata dall’uso dell’arredo fisso a definire gli spazi principali e dal ripristino del parquet esistente in Mutenie che connette tutti gli ambienti della casa ad eccezione dei servizi igienici. Esternamente dato il dislivello esistente tra la quota d’ingresso della casa e il piano della strada si è deciso di creare un giardino su due livelli introducendo un muro di contenimento in calcestruzzo che separa la quota bassa a parcheggio da quella alta a giardino su cui si affaccia direttamente il soggiorno senza soluzione di continuità con la loggia esterna.

Appartamento PR

Luogo

Forlì

Anno

2018

Tipo

Progettazione architettonica e direzione lavori

Fotografie

Locarc

Intervento di ristrutturazione interna di appartamento privato

Casa BT

Luogo

San Mauro Pascoli

Anno

2018

Tipo

Progetto preliminare

Progetto preliminare di abitazione privata

Appartamento CM

Luogo

Milano Marittima, Cervia

Anno

2017

Tipo

Progetto architettonico e direzione lavori

Fotografie

Locarc

Intervento di ristrutturazione interna di appartamento privato

“Era un Parcheggio”

Luogo

Santarcangelo di Romagna

Anno

2016

Tipo

Progetto architettonico e direzione lavori

Fotografie

Daniele Lisi

Intervento di riqualificazione dello spazio adiacente al cortile della scuola elementare Maria Pascucci, fase realizzativa del percorso partecipato “Era un parcheggio”

con arch. Patrizia Fiannaca, Comune di Santarcangelo di Romagna

#ScuoleInnovative

Luogo

San Giovanni in Marignano

Anno

2016

Tipo

Concorso di idee

Premi

Menzione

Concorso #ScuoleInnovative area San Giovanni in Marignano

Inserita all’interno di un’area verde caratterizzata dalla presenza di pini, querce e aceri, la nuova Scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo del comune di San Giovanni in Marignano si sviluppa su due piani fuoriterra e asseconda l’andamento triangolare del lotto con un impianto a forma spezzata che preservi le alberature di maggior pregio, minimizzi gli abbattimenti e si integri con l’intorno. La forma spezzata infatti è generata dal rapporto con gli edifici esistenti, dei quali la nuova scuola riprende orientamento e proporzioni. L’edificio nasce dalla ripetizione del modulo 3×5.5 metri, che genera tre blocchi divisi longitudinalmente in tre parti di uguali proporzioni: le aule e i laboratori sono poste sui lati esterni, al centro è posto l’atrio-corridoio, elemento distributivo e di socializzazione su cui si innestano i blocchi servizi e i corpi scala. Nella continuità dello spazio connettivo si esplicita il concetto di scuola intesa come una strada aperta all’ambiente circostante.

con Ing. Laerte Buttigliero, P.I. Niccolò Salvetti, P.I. Federico Fabbri

FORESTA Terni Festival

Luogo

Terni

Anno

2016

Tipo

Concorso di idee

Open call per la realizzazione di una delle 5 case sugli alberi da destinare a residenze d’artista temporanee nella cornice del progetto di ricerca tra arte e rigenerazione urbana presso Terni Festival 2016

“Una gabbia andò in cerca di un uccello.”
Franz Kafka, Quaderni in ottavo, 1916-18

Cosa significa vivere sopra ad un albero?
Kafka pare dirci che oggi “Gli uccelli” (le persone) sono così distratti, insonnoliti o semplicemente stanchi da preferire una gabbia alla “fatica” di volare liberi. Ormai è difficile trovare gabbie vuote: sono tutte occupate dalle convenzioni sociali, dalle abitudini. Se per l’uccello, abituato a volare alto, la casetta sull’albero può apparire come una gabbia, per l’uomo l’idea di vivere in una casa sopra ad un albero è un indubbio segno di evasione, di libertà.

Perchè se l’uomo vuole abitare gli alberi deve inevitabilmente farsi un po’ uccello, deve accettare la metamorfosi, deve ritornare ad essere più naturale, volare con la fantasia.

“Rimpiangeva almeno un poco la nostra vita? Pensava a quanto breve era quel passo che lo separava dal ritorno nel nostro mondo, quanto breve e quanto facile?”
Italo Calvino, Il barone rampante, 1957

MAGMA ModuloFest

Luogo

Milano Marittima, Cervia

Anno

2016

Tipo

Progettazione e autocostruzione

Fotografie

Locarc

Intervento in autocostruzione per l’allestimento degli spazi esterni MAGMA ModuloFest, Centro Climatico Marino – Ex Discoteca Woodpecker

San Giorgio Brunico

Luogo

San Giorgio, Brunico

Anno

2016

Tipo

Concorso di progettazione

Concorso di progettazione a procedura aperta in due fasi per la realizzazione di una scuola dell’infanzia, un asilo nido, un garage interrato con sedici posteggi e depositi per associazioni

La regolare conformazione planimetrica della scuola elementare di San Giorgio di Brunico, con rispettivamente scuola e palestra, genera un ampio spazio aperto che da Via Gremsen entra nell’isolato residenziale retrostante. La scelta di ampliare la scuola esistente aggiungendo la nuova funzione della scuola d’infanzia si concretizza nella costruzione di un volume fuori terra che si adagia nel grande spazio aperto di pertinenza alterandone inevitabilmente la conformazione. Il volume di progetto viene concepito come naturale prosecuzione del sistema planimetrico originario, la nuova scuola per l’infanzia, ortogonale alla palestra esistente completa dal nuovo volume in due parti dimensionalmente paragonabili, a nord la corte della scuola elementare affacciata su via Gremsen e su cui insiste l’ingresso della scuola materna, a sud il giardino della scuola d’infanzia completamente autonomo, appartato e protetto dal nucleo residenziale retrostante.

Villa Belpoggio-Baciocchi

Luogo

Bologna

Anno

2015

Tipo

Concorso di architettura

Concorso di architettura per la realizzazione della casa del custode della Villa Belpoggio-Baciocchi

L’idea di muro abitato è il principio ispiratore del progetto.
La necessità di raccordare la forte pendenza che caratterizza l’area di progetto genera un edificio stretto tra due muri che da terrapieni di contenimento diventano patio introverso e abitazione. Come villa Baciocchi è subordinata alla più fastosa villa Bentivoglio imitandone forme e stile, anche nel progetto della casa del custode si è scelto un approccio quanto più possibile rispettoso del luogo e della storia. Questo atteggiamento trova riscontro nella pianta modulare che si nasconde nel declivio e nei prospetti che richiamano paratatticamente le proporzioni della villa, le finestre sono infatti dello stesso numero e dimensione. Nella distribuzione interna si è scelto di evitare disimpegni per ottimizzare la dimensione dei singoli ambienti. La direzionalità privilegiata è quella della zona giorno per garantire il massimo affaccio verso la villa. Simmetricamente la funzione del custodire lascia spazio alla dimensione privata della zona notte-servizi rivolta verso la campagna. Questa dualità d’affaccio è espressa nella riduzione del numero di aperture che da cinque del prospetto lato villa divengono tre scorci verso valle, nel prospetto lato campagna.

con arch. Andrea Leoni e arch. Mattia Ravagli

Santa Maria del Carmine

Luogo

Santa Maria la Carità, Napoli

Anno

2014

Tipo

Concorso di idee

Concorso di idee per la progettazione del complesso parrocchiale, Santa Maria del Carmine in Santa Maria la Carità, Napoli

Il progetto sceglie di relazionarsi al contesto, un’area periferica senza segni particolari, attraverso il recinto. Esso Per limitare e regolare il contatto visivo con l’intorno, crea uno spazio introverso, intimo, funzionale a garantire il costante controllo dei bambini che frequentano la catechesi e le attività parrocchiali. Il recinto, un muro cieco in tufo dal quale nascono i volumi (chiesa, canonica, locali parrocchiali) di cui costituisce l’involucro, forma una sorta di basamento da cui spicca la stereometrica geometria della chiesa e individua nel lotto, stretto e lungo, tre vuoti, i sagrati (antistanti la chiesa e la cappella feriale) e la piazza verde di fronte agli spazi della catechesi, pause architettoniche funzionalmente connesse agli elementi costruiti che vi si affacciano. La chiesa è un cubo di pietra privo di aperture laterali, ad eccezione del portone d’ingresso, a creare uno spazio interno introverso, meditativo, adatto alla preghiera, che non concede distrazioni, per far sì che l’attenzione sia rivolta soltanto alla parola di Dio. L’involucro di tufo nasconde l’interno lucente, una scatola bianca, intonacata, un cubo nel cubo, che scende a ritagliare lo spazio del rito e della preghiera.

con arch. Andrea Leoni, arch. Andrea Pezzi

Artista
prof. Guerrino Siroli,

Liturgista
dott. Gianni Passarella

Fare Piazza

Luogo

Roma

Anno

2014

Tipo

Concorso di idee

Premio

3° premio

Concorso Urban Factory – Fare Piazza, Roma Design Lab

“Lo spazio è un luogo praticato. Così la strada geograficamente definita da un’urbanistica è trasformata in spazio dai camminatori. La lettura è lo spazio prodotto attraverso la pratica del luogo che costituisce un sistema di segni”.
Michel de Certeau, L’invenzione del quotidiano

Le città che progettiamo oggi dovrebbero durare per i prossimi cent’anni, a maggior ragione in Italia, dove si fa sempre più sentire la problematica non solo del recupero dei centri storici, ma anche della riqualificazione delle periferie urbane.
Interrogarsi sulle periferie significa soprattutto ripensare alla relazione con le città a cui appartengono e la scommessa odierna è quella di farle diventare nuove centralità: l’estensione delle città contemporanee infatti, ha causato la perdita di qualità architettonica, urbana e civile e la mobilità ha sconvolto i rapporti tra centro e periferia, togliendo al centro storico il ruolo di cuore della città e creando frammenti urbani privi di una identità specifica.
Il progetto Re-rondò ha come obiettivo la costruzione di nuovi spazi e nuove polarità urbane all’interno di quei luoghi, che in un futuro prossimo, i mutamenti della società, tenterebbero di emarginare: le rotatorie.
Riteniamo che esse si possano configurare sia per forma che per posizione come spazi dedicati alla piazza, luogo di scambio, di interazioni sociali e di raccoglimento della comunità.

con arch. Valentina Pozzi

Villa Troili Roma

Luogo

Roma

Anno

2013

Tipo

Concorso di idee

Concorso di idee per la realizzazione di un asilo nido per 60 bambini e attrezzatura parco pubblico

Il progetto muove dalla necessità di protezione e accoglienza al tempo stesso attraverso il tema del recinto, un muro basso in mattoni che disegna il profilo a terra dello spazio dell’asilo, tangente all’edificio nei punti dove sono collocate le sezioni; un muro sufficientemente alto a creare uno spazio controllabile, avvolgente e protettivo, ma che in certi punti, i patii privati delle sezioni, si alleggerisce, perde consistenza. Alcuni mattoni vengono sottratti alla tessitura compatta per formare piccoli fori a misura di bambino, “occhi” in cui gli occhi curiosi dei bambini guardano il mondo. La chiusura totale all’esterno è bilanciata dalla totale apertura dell’edificio verso l’interno; tutto il perimetro che si affaccia sulla corte centrale, “il cortile dei piccoli”, fuoco compositivo circolare come le bolle del parco, è vetrato. Il cortile riunisce, abbracciandoli, tutti i bambini, che qui abbandonano la dimensione privata della sezione, ovvero del gruppo suddiviso per età, per condividere uno spazio di gioco ed incontro.

con arch. Andrea Leoni

Ref

Il primo principio di una teoria credo che sia l’ostinazione su alcuni temi e che sia proprio degli artisti e degli architetti in particolare il fatto di centrare un tema da svolgere, di operare una scelta all’interno dell’architettura e di cercare di risolvere sempre quel problema. Questa ostinazione è anche il segno più evidente della validità e della coerenza autobiografica di un artista: così come Seneca affermava che lo stolto è colui che ricomincia sempre da capo e che si rifiuta di svolgere in modo continuo il filo della propria esperienza. In realtà se dovessimo scrivere la storia dell’ultima architettura e della architettura italiana in particolare potremmo scrivere della miseria dell’architettura, per questo continuo ricominciare da capo che è sempre tipico dei minori, questo rivolgersi a qualcosa di estraneo dall’esperienza reale che si compie, che è un segno di debolezza e di estrema fragilità culturale.

Aldo Rossi, Architettura per i musei

 

Mirare all’essenziale, eliminare ogni effetto superfluo, ogni inutile fioritura, elaborare un concetto su basi matematiche, intorno ad un’idea fondamentale, ad una struttura elementare, evitare con accanimento sprechi ed eccessi.

AG Fronzoni

 

Per anni pensai all’architettura come a qualcosa di diverso, di speciale, di sublime ed extra-terreno, qualcosa come una intoccabile vergine bianca…passarono gli anni. Vidi edifici e conobbi architetture. Compresi che un edificio non sta in una bella pianta né in una bella foto…pensai allora che l’architettura era soprattutto un avvenimento, come tanti altri che riempiono la vita degli uomini, e come tutti gli avvenimenti soggetta alle contingenze che la vita comporta. E l’intoccabile vergine bianca si trasformò per me in manifestazione di vita… e il mito si disfece.

Fernando Tavora

 

Sono sempre più convinto che solo il fare e rifare le stesse cose più e più volte, per una vita o per generazioni intere, può rendere possibile il raggiungimento di soluzioni eterne

Fernando Tavora

 

Nell’esperienza di Souto de Moura, nessun riconoscimento di valore storico può sottrarre una costruzione al divenire del tempo che l’ha modellata; al contrario, essa deve continuare ad essere vissuta e usata “perché solo la vita quotidiana la trasforma in qualcosa di naturale e le conferisce lo status di Patrimonio”….Interventi tra loro diversi ma accomunati dalla capacità di interrogare il passato senza nostalgia, selettivamente intendendo ogni operazione di recupero come risultato di un previo esercizio di interpretazione critica.

Marco Mulazzani, Non sempre la simulazione è bugia. Il recupero della tenuta Sao Lorenco do Barrocal, in Casabella n. 870

 

Il progetto sta all’architetto come il personaggio di un romanzo sta al suo autore: lo supera costantemente. E’ necessario non perderlo. Il disegno lo incalza. Ma il progetto è un personaggio con molti autori, e si fa intelligente solo quando è assunto così, altrimenti è ossessivo e impertinente. Il disegno è il desiderio di intelligenza.

Alvaro Siza, Costruire una casa, Daidalos n. 5, 1982

 

L’architettura nasce quando l’uomo segue la propria esigenza interiore di fare le cose in un determinato modo, quando si concentra su problemi generali invece che di volta in volta sulle necessità pratiche, quando sa guardare oltre la funzionalità. L’architettura è di conseguenza inutile.

Livio Vacchini, La necessità dell’inutile

 

Se l’architettura è fonte di significato, ogni edificio si costituisce come testo. Non esiste però una chiara codificazione, dato che i significati si definiscono a partire da impressioni personali e valori sociali. Capire l’architettura diventa allora un dialogo con la società. Un edificio non è che una lunga conversazione, della quale l’architetto stabilisce il tono e suggerisce la prima frase. La materia è invece il timbro della voce, la sua modulazione e intensità. Quanto più le risposte che ottiene saranno varie e variate, tanto più la conversazione risulterà interessante.

Fernando Espuelas, Madre Materia, 2009

 

Il legno della statua non è il legno dell’albero; il marmo scolpito non è più il marmo della miniera; l’oro fuso è un metallo inedito; il mattone, cotto e messo in opera, è senza rapporto con l’argilla della cava. I colori, l’epidermide, tutti i valori che agiscono otticamente sul senso tattile, sono cambiati. Le cose senza superficie, nascoste dietro la scorza, interrate nella montagna, bloccate nella pepita, inglobate nella mota, si sono separate dal caos, hanno acquistato un’epidermide, aderito allo spazio ed accolto una luce che le lavora a sua volta.

Herny Focillon, Vita delle Forme, 1934

 

Vorrei che esistessero luoghi stabili, immobili, intangibili, mai toccati e quasi intoccabili, immutabili, radicati: luoghi che sarebbero punti di riferimento e di partenza, delle fonti: il mio paese natale, la culla della mia famiglia, la casa dove sarei nato, l’albero che avrei visto crescere (che mio padre avrebbe piantato il giorno della mia nascita), la soffitta della mia infanzia gremita di ricordi intatti…Tali luoghi non esistono, ed è perché non esistono che lo spazio diventa problematico, cessa di essere evidenza, cessa di essere incorporato, cessa di essere appropriato. Lo spazio è un dubbio: devo continuamente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo. I miei spazi sono fragili: il tempo li consumerà, li distruggerà: niente somiglierà più a quel che era, i miei ricordi mi tradiranno, l’oblio s’infiltrerà nella mia memoria, guarderò senza riconoscerle alcune foto ingiallite dal bordo tutto strappato. Non ci sarà più la scritta in lettere di porcellana bianca incollate ad arco sulla vetrina del piccolo caffè di rue Coquillière: “Qui si consulta l’elenco telefonico” e “Spuntini a tutte le ore”. Come la sabbia scorre tra le dita, così fonde lo spazio. Il tempo lo porta via con sé e non me ne lascia che brandelli informi. Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava, lasciare, da qualche parte, un solco, una traccia, un marchio o qualche segno.

Georges Perec, Specie di spazi

 

Mi interessano la forma pura, l’astrazione, la tipologia di base, la costruzione elementare. Non il materiale naturale appesantito contenutisticamente, non il dettaglio architettonico che racconta la storia della finestra, dell’ingresso e della casa con cornicioni, coperture o rivestimenti, o i diversi trattamenti di base e coronamento. Parlo invece della semplice capanna, della forma più elementare di interpretazione di un elemento ricorrente. Priva di elementi che distraggono, di aggetti o rientranze; priva insomma di caratteri distintivi. Un elemento chiaro e schietto, il più diretto e manifesto possibile. Niente tonalità intermedie, niente vincoli: primitiva e senza elementi ornamentali. La capanna nella sua forma elementare. Che non è espressione o sinonimo di alcunché, ma è mondata al punto che ne resta solo il nocciolo, il più puro e inequivoco possibile. Niente di metafisico, nessun  simbolo per una qualsivoglia situazione. Solo la forma netta, pura. Nulla si muove, nulla è coperto, cifrato o celato. Nulla vi si nasconde; l’intenzione qui è immediata, visibile. Non c’è niente da interpretare; le cose sono come sono e non vogliono essere diverse da quello che sono. tutti gli spazi sono uguali; ciò che contengono è diverso. le facciate sono uguali. Fronte e retro non esistono più. Ricerco un’architettura astratta, lo spazio in sé, la casa senza qualità, non gravata da nulla e decisa unicamente dalla geometria e dalle proporzioni, dal sistema normativo di numeri e rapporti proporzionali. Senza disturbare e rimasticare temi mistici ed educativi di qualsivoglia natura, anche quando esprimano concetti di libertà, sincerità o creatività. Determinanti sono unicamente l’ordine numerico, i rapporti reciproci, le proporzioni in lunghezza, larghezza e altezza. Al termine di una storia lunga e mutevole, carica di contenuti e infarcita di simboli e metafore, si taglia la costruzione geometricamente pura.

Oswald Mathias Ungers, Pensieri sull’architettura

 

La volontà di possesso del mondo attraverso qualcosa di parziale è anche un modo per dominare il tempo, per renderlo discontinuo, sottoponendolo al dominio dello spazio.

Jean Baudrillard

 

All’abitare, così sembra, perveniamo solo attraverso il costruire… il costruire è già in se stesso un abitare… l’antica parola altotedesca per bauen, costruire, è buan e significa abitare. Che vuol dire: rimanere, trattenersi…Bauen (costruire), buan, bhu, beo sono infatti la stessa parola che il nostro bin (sono) nelle sue varie forme… Il modo in cui tu sei e io sono, il modo con cui noi uomini siamo sulla terra, è il Buan, l’abitare.

Martin Heidegger

 

Nel processo di partecipazione tutto è sottile, contraddittorio, mutevole… e bisogna accettare queste condizioni altrimenti il processo si falsifica. Ci vuole molto più talento nella progettazione partecipata di quanto ce ne voglia nella progettazione autoritaria, perché bisogna essere ricettivi, prensili, agili, rapidi nell’immaginare, fulminei nel trasformare un sintomo in un fatto…e farlo diventare punto di partenza.

Giancarlo de Carlo

 

La semplificazione formale ha per fine il disvelamento dell’elemento di generalità dell’architettura ed è diretta a riaffermare quello che più indietro abbiamo chiamato il principio di non-contraddizione. In quanto tale, la semplificazione non è un modo alternativo per fare architettura, ma è la sua condizione necessaria; essa non può essere vista come una fase del processo di definizione formale, ma è il processo stesso; percorre cioè tutta l’esperienza dell’architettura come un particolare tipo di progresso, di cui possiamo renderci ragione soltanto riferendoci al particolare fine conoscitivo dell’architettura. Cos’altro sono infatti quelle schiere ordinate di case unifamiliari, che si ripetono senza apparenti variazioni nell’esperienza di Tessenow, se non momenti di questo lungo processo? Cos’altro potrebbero rappresentare, se sono disposte perfino a sembrare patetiche, pur di non essere – neppure in un particolare – gratuite?

Giorgio Grassi, Architettura come mestiere, 1974

 

Le persone non muoiono immediatamente, ma rimangono immerse in una sorta di aura di vita che non ha alcuna relazione con la vera immortalità, ma attraverso le quali continuano ad occupare i nostri pensieri nello stesso modo di quando erano vivi.

Marcel Proust

 

Parlando di architettura non intendo riferirmi solo all’immagine visibile della città e all’insieme delle sue architetture; ma piuttosto all’architettura come costruzione. Mi riferisco alla costruzione della città nel tempo(…) Ma col tempo la città cresce su se stessa; essa acquista coscienza e memoria di se stessa. Nella sua costruzione permangono i motivi originari ma nel contempo la città precisa e modifica i motivi del proprio sviluppo.

Aldo Rossi, L’Architettura della Città, 1966

 

Nel suo trattato La pittura antica, il nostro Francisco de Hollanda (1930), fissando i suoi precetti di pittura, ne stabilisce uno che ci pare fondamentale: “il decoro è in ciò che si tralascia”. La seconda parte di questo precetto contiene un principio applicabile in pieno al nostro tema, perché è ben vero che ciò che si tralascia in pittura, come in ogni altra manifestazione di vita, è importante tanto quanto ciò che si fa; ovvero, applicando il principio al concetto di spazio, lo spazio che si risparmia è importante quanto lo spazio che si occupa.

Fernando Tavora

 

Bic/Bic/Bic – Bic Cristal – Nessuno disegna tanto per disegnare. Disegnare non è un hobby, disegnare, in Architettura, significa dover risolvere un problema. Gli architetti disegnano per dovere, non per piacere; come nella Scuola di Belle Arti, dove c’era un orario, un modello, un professore, e noi alunni chiusi tra i cavalletti.

Disegnare, in Architettura, è correre contro il tempo, prendere ciò che sta a portata di mano: una scatola di fiammiferi, un biglietto del tram, un pacchetto di sigarette rovesciato, i sacchetti per il mal d’aria che si trovano in aereo, oppure il nostro quaderno, che non deve avere carta di pregio. La carta, se è di buona qualità, spessa, ci intimidisce, facciamo cerimonie, ci inibisce i gesti, e non è per la grammatura della carta che passiamo ai posteri. Anche la penna deve essere banale, leggera, anonima e disponibile in ogni angolo della città. Una penna di marca, di buon design, ci distoglie dall’obbiettivo, ci distrae perché ne avvertiamo il peso, la qualità che le impedisce di ostruirsi se anche i gesti sono frenetici. Anche disegnare con la matita può non essere la migliore soluzione. Quando constatiamo che stiamo ottenendo risultati poco brillanti, potremmo lasciarci andare ad amabili trame, accennare nuances di graffite e ritardare l’indifferibile: “La Costruzione della Forma”. (Quanto ad aggiungere colori, poi, nemmeno a parlarne).

Quasi sempre disegno e scrivo con una Bic Cristal, nera, uguale a se stessa da quarant’anni. Non spande, il tratto non varia, scrive anche se la si dimentica aperta, è sempre disponibile in qualunque negozio. Quando finisce, torna vergine, trasparente, e sono 14,5 cm di plastica da buttar via. Con mezzo euro possiamo ricominciare a schizzare, fino alla prossima e così via di seguito…

Eduardo Souto de Moura, Porto, 24 giugno 2002

 

In verità, sono pochi coloro che sanno dell’esistenza di un piccolo cervello in ciascuna delle dita della mano, in qualche punto tra falange, falangina e falangetta. Quell’altro organo che chiamiamo cervello, quello con cui veniamo al mondo, quello che trasportiamo nel cranio e che trasporta noi affinché noi trasportiamo lui, non è mai riuscito a produrre altro che intenzioni vaghe, generiche, diffuse, e soprattutto poco variate, riguardo a ciò che le mani e le dita dovranno fare. Se, per esempio, al cervello della testa è venuta l’idea di una pittura, o di una musica, o una scultura, o un brano letterario, o una statuina di terracotta, lui non fa altro che manifestare il desiderio e rimanere poi in attesa, a vedere cosa succede. Solo perché ha trasmesso un ordine alle mani e alle dita, crede, o finge di credere, che questo era tutto ciò di cui c’era bisogno perché il lavoro, dopo un certo numero di operazioni eseguite dalle estremità delle braccia, si presentasse fatto. Non ha mai avuto la curiosità di domandarsi per quale ragione il risultato finale di codesta manipolazione, sempre complessa persino nelle sue espressioni più semplici, assomigli tanto poco a quello che aveva immaginato prima di dare istruzioni alle mani. Si noti che, quando nasciamo, le dita non hanno ancora un cervello, che ci si va formando a poco a poco con il passare del tempo e l’aiuto di ciò che vedono gli occhi. L’aiuto degli occhi è importante, tanto quanto l’aiuto di ciò che da essi viene visto. Ecco perché quanto di meglio le dita hanno sempre saputo fare è stato proprio rivelare l’occulto. Quello che nel cervello potrebbe essere percepito come scienza infusa, magica o soprannaturale, qualsiasi cosa significhino soprannaturale, magico e infuso, sono state le dita e i loro piccoli cervelli a insegnarglielo. Perché il cervello della testa sapesse cos’era la pietra, prima c’è stato bisogno che le dita la toccassero, ne sentissero l’asperità, il peso e la densità, c’è stato bisogno che vi si ferissero. Solo molto tempo dopo il cervello ha capito che da quel pezzo di roccia si sarebbe potuta fare una cosa che avrebbe chiamato coltello e una cosa che avrebbe chiamato idolo. Il cervello della testa è sempre stato in ritardo per tutta la vita rispetto alle mani, e anche ai nostri giorni, quando ci sembra che le abbia oltrepassate, sono ancora le dita che devono spiegargli le investigazioni del tatto, il fremito dell’epidermide quando sfiora la creta, l’acuta lacerazione dello scalpello, la morsa dell’acido sulla piastra, la vibrazione sottile di un foglio di carta disteso, l’orografia delle tessiture, la trama delle fibre, l’abbecedario in rilievo del mondo. E i colori.

José Saramago, La caverna

 

Recuperação e criação serão complemento e não especialidades passíveis de tratamentos autónomos. Reconhecer-se-á que não se inventa uma linguagem. Reconhecer-se-á que a linguagem se transforma para se adaptar à realidade e para lhe dar forma. Tudo será reconhecido como património colectivo e, nessa condição, objecto de mudança e de continuidade.

SIZA, Álvaro Siza apud COSTA, Alexandre Alves – O Património entre a Aposta Arriscada e a Confidência Nascida da Intimidade

 

O universal é o local sem paredes

Miguel Torga

 

Il nostro lavoro di architetti ci richiede di conferire ordine attraverso misure proporzioni geometria. Ma l’ordine, e quel senso di necessità che ne deriva, una volta raggiunti, tanto più sono avvincenti quanto più ne è avvertibile la distanza dal disordine e dall’arbitrio iniziali. Intendo dire che quel che facciamo si carica di senso in questa come in altre forme di opposizione.

Uno degli scopi del nostro lavoro è di opporre una certa resistenza al rapido esaurirsi della ragione pratica che determina la costruzione di un edificio. Suscitare un tempo nascosto che resista al tempo del suo uso e che sia in grado di conferirgli nuove valenze estetiche persino nel caso estremo in cui l’iniziale funzione, esauritasi, sia incomprensibile, o che l’edificio stesso sia stato dal tempo o da eventi traumatici ridotto a rovina.

Idea guida è che alla forma dell’edificio concorrano elementi che solo in parte appaiono in superficie, essendo i più, per così dire, arretrati e solo per punti in grado di rivelare la loro trama nascosta. Tracciato regolatore, proporzioni, modulazione, struttura e apparati plastici, dimensioni e disposizione dei materiali da costruzione si compongono su piani diversi. Le rispettive geometrie solo in parte coincidono. Sovente sono tra loro slittate.

Francesco Venezia

 

Is it true that architecture depends on facts, but its real field of activity is in the realm of significance; I hope you will understand that architecture has nothing to do with the inventions of forms. It is not a playground for children, young or old. Architecture is the real battleground of the spirit. Architecture wrote the history of the epochs and gave them their names. Architecture depends on its time. It is the crystallization of its inner structure, the slow unfolding of its form. That is the reason why technology and architecture are so closely related. Our real hope is that they grow together, that some day the one be the expression of the other. Only then will we have an architecture worthy of its name: Architecture as a true symbol of our time.

Ludwig Mies Van der Rohe, 1950

 

Solitamente la configurazione esterna è piuttosto semplice, ma all’interno di un organismo è racchiusa una sorprendente complessità di strutture che sono state per molto tempo la delizia degli studiosi. La forma specifica di una pianta o di un animale, è determinata non solo dai geni e dall’attività citoplasmatica che questi dirigono, ma anche dall’interazione fra costituzione genetica e ambiente. Un dato gene non controlla uno specifico carattere, ma una specifica reazione ad uno specifico ambiente.

W. Sinnot, The problem of Organic Form, 1963

 

Per nascita e linguaggio io appartengo alla Guascogna, regione della Francia; per formazione, alle lingue greco-latine; per cultura arcaica e nella mia notte carnale ritrovata, agli ibero-celto erranti nella foresta degli alberi e delle pietre erette; per lingua d’arte all’età classica; per teologia appresa al cristianesimo cattolico; per religione ancestrale, a quei catari che un genocidio, ancora, sradicò; per attività professionale, alle università del vecchio e del nuovo mondo; per il divertimento del corpo, all’alpinismo o al rugby; per gusto, al Quebec, per pathos, all’Africa; per fascinazione, all’Asia; per ideale, al terzo mondo: volete veramente il conto aperto delle squadre di cui indosso e difenderò la maglia?

Michel Serres

 

La casa esercita la sua funzione materiale sostituendo, di fronte alla natura aperta, il corpo umano con un muro di separazione, ma anche sostituendo, rispetto al corpo, questo spazio naturale con uno spazio circoscritto. Queste due sostituzioni sono analoghe, in quanto il muro sostituisce artificialmente il corpo, così come lo spazio interno sostituisce lo spazio naturale. Il muro è dunque rispetto al corpo ciò che lo spazio interno è rispetto allo spazio naturale. […] Ne consegue che, se la funzione materiale della casa sta nello stabilire l’armonia fra il corpo e il suo ambiente naturale, l’espressione di questa funzione sarà fondata sull’armonia fra il muro che circoscrive e lo spazio circoscritto.

(Dom H. van der Laan, Il numero Plastico)

 

Ammettevo che il disordine delle cose, se limitato e in qualche modo onesto, rispondesse meglio al nostro stato d’animo. Ma detestavo il disordine affrettato che si esprime come indifferenza all’ordine, una specie di ottusità morale, di benessere soddisfatto, di dimenticanza.

[…] Il mare mi sembrava una concrezione, la capacità di costruire una forma geometrica e misteriosa, fatta di ogni ricordo e attesa. Forse proprio un verso liceale di Alceo mi aveva condotto all’architettura. «O conchiglia marina / figlia della pietra e del mare biancheggiante / tu meravigli la mente dei fanciulli». La citazione è circa questa e contiene i problemi della forma, della materia, della fantasia, cioè della meraviglia. Ho sempre pensato che ridurre l’origine dei materiali a qualche senso positivista costituisse un’alterazione sia della materia che della forma. Ho preso coscienza di questo nel progetto di Chieti e nel disegno molto pubblicato, che potrei chiamare famoso, Le cabine dell’Elba.

Le cabine erano un’architettura perfetta, ma anche si allineavano lungo la sabbia e strade bianche in mattine senza tempo e sempre eguali. Posso ammettere che esse rappresentano qui un aspetto particolare della forma e della felicità: la giovinezza. […] Negli ultimi progetti seguivo queste analogie sterminate: le case capanna della casa dello studente di Chieti, i disegni delle cabine dell’Elba, le Palme e le case di Siviglia erano i pezzi di un sistema che doveva comporsi all’interno del Teatrino scientifico. Diventava un laboratorio dove il risultato della più lucida esperienza era sempre imprevisto; nulla può essere più imprevisto di un meccanismo ripetitivo. E nessun meccanismo sembra più ripetitivo delle questioni tipologiche della casa, delle costruzioni civili, del teatro. […] Ma poi tutto questo è perduto.

Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, 1981

 

Dal più grande rigore nasce la più grande libertà.

Paul Valery, Eupalino o dell’architettura, 1986

 

L’ornamento è la dimostrazione del fatto che a noi sono sempre mancate la vivacità intellettuale e la forza di discernimento necessari per cogliere e per migliorare ciò che è essenziale e necessario nel nostro lavoro; potremmo dire che si tratta piuttosto di un mezzo lavoro, fatto prima di andare a dormire.

Heinrich Tessenow, Osservazioni elementari sul costruire

 

Il mezzo migliore per creare l’ordine è l’uniformità.

Heinrich Tessenow, Osservazioni elementari sul costruire

 

E non costruiamo […] contro la natura, ma costruiamo con la natura […] in un’armonica correlazione con essa.

E poiché […] non abbiamo bisogni soltanto materiali, costruiamo anche con il cuore. Per vedere […] la natura che ci circonda, sia con i nostri occhi che con i nostri sensi e con gli occhi della nostra anima.

Aris Konstantinidis

 

L’ubicazione, il clima, la topografia e i materiali disponili in una data area determinano il metodo di costruzione, la disposizione funzionale, e in ultimo la forma. L’architettura non può esistere senza il paesaggio, il clima, il suolo, gli usi e i costumi. E’ per questa ragione che talvolta alcuni edifici antichi appaiono contemporanei, e per la stessa ragione costruiamo oggi edifici contemporanei che potrebbero essere stati costruiti in passato. Poiché, sin da tempo immemorabile, l’uomo ha sempre vissuto, si è mosso e ha respirato nello stesso modo, poiché nel nostro modo di vita nulla forse è sostanzialmente cambiato.

Aris Konstantinidis

 

La buona architettura comincia sempre con una costruzione efficiente. Senza costruzione non vi è architettura. La costruzione incorpora il materiale e il suo impiego rispettandone le proprietà, vale a dire, la pietra impone un metodo di costruzione diversa rispetto al ferro o al cemento.

Aris Konstantinidis, 1964

 

Quanto ai tentativi di raggiungere una cosiddetta “nuova” architettura nel senso di produrre qualcosa che non ha precedenti e che è avanzato […] accettiamo una volta per tutte, che un’opera veramente senza precedenti e avanzata non è quella che si avvale di uno splendore superficiale per suscitare un effetto sensazionale provvisorio ed effimero, oppure quella che cerca di coglierci di sorpresa ricorrendo a contorsioni acrobatiche e pretenziose, basate su “scoperte” transitorie, bensì soltanto quella che è giustificata da una tradizione lunga e continua, quella che dura perché è stata messa più volte alla prova all’interno di ogni nuovo contesto, così che essa esprime  ogni volta da capo esperienze interiori, discipline segretamente alimentate, forme che sono state effettivamente trattate più volte.

Aris Konstantinidis, 1975

 

Per l’architettura – così come per la vita in generale – non è tanto importante l’individualità e l’originalità, quanto il fatto che il maggior numero possibile di individui possa raggiungere un livello di consapevolezza tale da consentire il conseguimento di risultati di validità generale, laddove cioè l’elemento individuale perde invece ogni significato. Perché questo possa avvenire, non è sufficiente che tale consapevolezza venga raggiunta a livello individuale, ma è necessario che essa diventi un’esigenza collettiva.

Heinrich Tessenow, Osservazioni elementari sul costruire

 

Durante molti anni ho creduto di essere cresciuto in un sobborgo di Buenos Aires, un sobborgo di strade avventurose e tramonti visibili. La verità è che sono cresciuto in un giardino, dietro un lungo muro e in una biblioteca di innumerevoli libri inglesi […] Sono trascorsi più di trent’anni, è stata demolita la casa la casa nella quale mi sono state rivelate queste finzioni […] però spesso penso che, essenzialmente, non sono mai uscito da quella biblioteca e da quel giardino. Cosa ho fatto poi, cosa farò, se non tessere e disfare immaginazioni derivate da quelle?

Jorge Luis Borges

 

Non ci sarà sortita. Tu sei dentro

E la fortezza è pari all’universo

Dove non è diritto né rovescio

Né muro esterno né segreto centro

Non sperare che l’aspro tuo cammino

Che ciecamente si biforca in due,

Abbia fine.  È di ferro il tuo destino,

Così il giudice.  Non attender l’urto

Del toro umano la cui strana forma

Plurima colma d’orrore il groviglio

Dell’infinita pietra che s’intreccia.

Non esiste.  Non aspettarti nulla.

Neanche nel nero annottare la fiera.

Jean Luis Borges, Labirinto, Elogio dell’ombra

 

La concezione del mondo, lo ripetiamo ancora una volta, è concezione dello spazio.

Pavel Florensky, Lo spazio e il tempo nell’arte

 

Studiare lo spazio dell’opera non è naturalmente ancora tutto,  ma è la prima cosa e la più importante. Una corretta comprensione di tutto il resto proviene da qui e se non è in grado di orientarsi nella spazialità l’opera sarà necessariamente casuale,  arbitraria e non interiormente unita; è possibile entrare nell’opera d’arte come tale soltanto attraverso la comprensione della sua organizzazione spaziale.

Pavel Florenskij, Lo spazio e il tempo nell’arte, 1923 – 1924

 

Le guide le ho sempre detestate e le detesto ancora, perché’ mi costringono a guardare e a sapere quello che loro pensano di dovermi far guardare e sapere, e tirano delle tende opache su tutto il resto. Mi fanno sapere la data delle pietre del monumento, data che dimentico dopo un minuto e tirano una tenda opaca sul tiglio immenso, profumato, che da ombra a tutta la piazza e che forse ricorderò per tutta la vita.”

Ettore Sottsass, Scritto di notte

 

Si dimentica con troppa facilità che, ancor prima di costituire un insieme di tecniche atto a fornirci riparo dalle intemperie, l’architettura è uno strumento di misurazione, una somma di saperi in grado di organizzare il tempo e lo spazio delle società, consentendoci di misurarci con l’ambiente naturale

Paul Virilio, Lo spazio critico, 1988)

 

Le utopie consolano; se infatti non hanno luogo reale si schiudono tuttavia in uno spazio meraviglioso e liscio; aprono città dai vasti viali, giardini ben piantati, paesi facili anche se il loro accesso è chimerico. Le eterotopie inquietano, senz’altro perché minano segretamente il linguaggio, perché vietano di nominare questo e quello, perché spezzano e aggrovigliano i luoghi comuni, perché devastano anzi tempo la «sintassi» e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma quella meno manifesta che fa «tenere insieme»…le parole e le cose. È per questo che le utopie consentono le favole e i discorsi: si collocano nel rettifilo del linguaggio, nella dimensione fondamentale della fabula; le eterotopie (come quelle che troviamo tanto frequentemente in Borges) inaridiscono il discorso, bloccano le parole su se stesse, contestano, fin dalla sua radice, ogni possibilità di grammatica, dipanano i miti e rendono sterile il lirismo delle frasi

Michel Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, 1963

 

Se si pensa che dopotutto un battello è un frammento di spazio galleggiante, un luogo senza luogo e che è affidato al contempo all’infinità del mare e che, di porto in porto, …da una casa chiusa all’altra, si spinge fino alle colonie per cercare ciò che esse nascondono di più prezioso nei loro giardini, voi comprendete perché il battello è stato per la nostra cultura non solo il più grande strumento dello sviluppo economico, ma anche la riserva più grande dell’immaginazione. Il naviglio è l’eterotopia per eccellenza. Nelle civiltà senza battelli i sogni inaridiscono, lo spionaggio rimpiazza l’avventura, e la polizia i corsari.

Michel Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, 1963

 

L’attuale non è ciò che siamo, ma piuttosto ciò che diveniamo, ciò che stiamo diventando, ossia l’Altro, il nostro divenir-altro.

Michel Foucault, 1985

 

Gli stalker sostengono, rifacendosi a Zygmunt Baumann (2000), che uno degli spazi che manca è quello dell’Agorà […] le terme e i caravanserragli […] I caravanserragli degli Stalker sono tutti gli spazi dedicati ai non ancora cittadini, a coloro che sono di passaggio o sono appena arrivati, a coloro che non hanno la cittadinanza, agli ospiti, agli stranieri, ai turisti, ai nemici. Oggi gran parte di questi luoghi sono tutti ricavati nella clandestinità o nel disagio. Giardini pubblici trasformati in spazi di riposo e di riunione per gli immigrati, marciapiedi, stazioni in cui si cerca di ricavare uno spazio del sonno, baracche, e centri, pochi, di accoglienza, spesso lager di nuovo tipo, campi di concentramento di identità a cui non si vuole dare uno spazio accanto a quello dei cittadini.

Franco La Cecla, Perdersi

 

l”agorà” era in primo luogo uno spazio in cui il filo tagliente di interessi tra loro incompatibili veniva smussato, le pressioni contraddittorie venivano equilibrate, i sogni e i desideri venivano livellati e modellati in modo tale che non fossero in contrasto e formassero un tutto armonico, e gli incendi divampati nelle zone calde venivano soffocati per evitare che provocassero esplosioni.

Zygmunt Baumann, La solitudine del cittadino globale, 2000

 

La soglia indica un possibile ostacolo – o un possibile filtro, passaggio – o entrambe le possibilità. Ma il passaggio è consentito per lo più solo a patto a di fare i conti con l’altro dominio, accettare la sua influenza benefica o meno, sulla nostra identità. Attraversare la soglia è una possibilità/pericolo di cambiamento, una inversione, come è un pericolo di invasione per i possessori del dominio oltre la soglia. Se trasgredisco una soglia o la oltrepasso senza indicare o dichiarare le mie intenzioni (quel che sto facendo della mia identità), la mia identità è in pericolo o diventa pericolosa. La soglia è un luogo dove due identità nello spazio si attestano, si attendono, si confrontano, si riflettono, si difendono. Essa serve a ribadire le differenze.

Franco La Cecla, Perdersi

 

Chi abita percepisce i luoghi come una latenza di forme visibili ed invisibili che possono mutare ed essere mutate. In questo senso anche l’ambiente più rigido, se la sensibilità spaziale di chi vi si insedia è forte e non è stata umiliata, può essere scardinata dall’abitare.

Franco La Cecla, Perdersi

 

Prediligiamo la patina del tempo ben sapendo che è prodotta da mani sudate, da polpastrelli unti, da depositi di morte stagioni; la prediligiamo per quel lustro e quegli scurimenti che ci ricordano il passato e la vastità del tempo. Vivere tra oggetti bruniti e in una casa antica, ci trasmette un senso di pace profonda, e inesplicabilmente ci calma.

Junichiro Tanizaki, Libro d’ombra

 

In origine la finestra detta “shoin”, o “finestra dell’angolo dello studioso” era destinata per rischiarare un luogo di letture appartate; più tardi la si conservò perché illuminasse con il suo fioco riverbero, il toko no ma. Ma illuminare è la parola giusta? La sua vera funzione non è forse quella di filtrare ogni luce che venga dall’esterno, di soffocarla, di spossarla?

Junichiro Tanizaki, Libro d’ombra

 

Sette platani nella piazza, di centotré anni ciascuno, portano con grazia e fierezza i migliori segni della loro età. Mentre li guardo penso che bisognerebbe incoraggiare gli studenti di architettura a “leggere” platani centenari. dai segni (potature cicatrizzate, lacerazioni di fulmini, muschi, muffe, incisioni, chiodi piantati nella corteccia, fili elettrici che attraversano i rami, torsioni del tronco, disorientamenti del fogliame, variazioni di colore, mutazioni della polpa ecc.) dovrebbero ricostruire le vicende della vita del platano e metterle in relazione con  l’evoluzione della società del luogo dove sono cresciuti (le persone e i gruppi che hanno continuato a sedersi nei caffè che sono stati sotto la loro ombra, che hanno attraversato la piazza, che si sono riuniti per cantare, gridare, pregare, star zitti, far festa, rimpiangere, giocare, invecchiare ecc.). Imparerebbero, gli studenti, a leggere i processi degli esseri viventi – uomini e alberi – in simbiosi nello spazio fisico. E da questo imparerebbero ad essere architetti. Non avrebbero bisogno di pensare all’ecologia perché sarebbe implicita nell’architettura.

Giancarlo de Carlo, Viaggi in Grecia

 

Il compito dell’architetto è risolvere, non rappresentare

Livio Vacchini, Luigi Snozzi

 

La varietà è il preludio alla monotonia, se vuoi evitarla ripeti il tuo elemento.

Luigi Snozzi

 

Quello che importa è il vuoto. Tocca a te definirlo.

Luigi Snozzi

 

L’esigenza fondamentale di una figurazione elementare è l’economia. Una proporzione esatta tra forza e materiale. Ciò significa mezzi elementari, padronanza assoluta del mezzo. Ordine elementare, regolarità.

Hans Richter, Werner Graeff, El Lissintsky

 

La tradizione non è il passato. La tradizione ha a che vedere con il passato né più né meno di quanto ha a che vedere col presente o col futuro. Si situa al di là del tempo.

Non si riferisce a ciò che è antico, a ciò che è alle nostre spalle: bensì a ciò che è permanente, a ciò che ci sta “dentro”.

Non è il contrario dell’innovazione, ma il quadro entro cui debbono compiersi le innovazioni per essere significative e durevoli.

Alain de Benoist

 

La poesia è fatta da parola e numeri

Maria Zambrano

 

La logica è il primo strumento dell’architetto

Alberto Campo Baeza

 

Deixemos de lado (é preciso limitar os problemas) a definição idealista de teoria, que estabelece um circulo vicioso procurando definir “teoreticamente a palavra “teoria” que seria uma forma teorica distinta da pratica. Para nos a teoria, a teoria se identifica com a pratica, sendo a pratica demonstrada racional e necessaria atraves da teoria e, por sua vez, a teoria realistica e racional [demonstrada] atraves da sua pratica.

Lina Bo Bardi

 

Um filosofo è um especialista, um tecnico, como un engenheiro ou um medico. mas mais proximo a cada homem, porque sua especialidade é pensar, e cada homem pensa e somente alguns entre os homens sao engenheiros ou medicos. Cada homem é nesse sentido filosofo, ao menos que nao seja patologicamente idiota.

Lina Bo Bardi

 

O arquitecto é um operaio qualificado que conhece o seu oficio nao so pratica como teorica e historicamente, e tem precisa consciencia que a sua humanidade nao é fim em si mesma, mas se compoe, alem dahvb propria individualidade, dos outros homens e da natureza.

Lina Bo Bardi

 

La maggior parte delle regioni abitate dall’uomo, in Occidente, sono state ricoperte, in qualche epoca del passato, da foreste più o meno fitte. Comunque si voglia interpretare questo fatto, la civiltà occidentale ha letteralmente ricavato il suo spazio nel cuore della foresta. Il margine ombroso di una foresta ha definito i limiti delle sue colture, il perimetro delle sue città, i confini dei suoi domini istituzionali; ma anche la vivacità del suo immaginario. Le istituzioni che governano l’occidente – la religione, il diritto, la famiglia, la città – sono nate in opposizione alle foreste, che sotto questo aspetto sono state, fin dall’inizio, le prime e ultime vittime dell’espansione delle città. Come un tempo le foreste erano ovunque in senso geografico, così esse sono ovunque in quel ricordo fossile che e’ la memoria culturale.

Robert P. Harrison

 

Ogni specie zoologica o vegetale trova nella Terra uno spazio con delle condizioni determinate dove può senz’altro abitare. I biologi lo chiamano il suo “habitat”. il fatto che l’uomo abiti dove vuole, la sua planetaria ubiquità, significa ovviamente che manca propriamente di habitat, di uno spazio dove senz’altro possa abitare. E in effetti, la Terra è all’origine inabitabile – unbewohnbar – per l’uomo. Per poter sopravvivere egli frappone fra qualsiasi luogo terrestre e la sua persona creazioni tecniche, costruzioni che deformano, riformano e conformano la terra, in modo che risulti più o meno abitabile. L’abitare, il “wohnen”, quindi, nell’uomo non è precedente al costruire, il “bauen”. L’abitare non gli viene dato fin dall’inizio, ma è lui stesso a fabbricarlo, perchè nel mondo, nella terra, l’uomo non è previsto, e questo è il sintomo più chiaro che egli non è un animale che non appartiene a questo mondo. L’uomo è un intruso nella cosidetta natura. Viene dal di fuori, è incompatibile con essa e disadattato per sua stessa essenza a ogni milieu. Per questo costruisce, “baut”. E poichè può costruire in qualsiasi luogo del pianeta – e in ciascun luogo con diverso tipo di costruzione – è capace, a posteriori, di abitare dappertutto.

José Ortega y Gasset, Intorno al colloquio di Darmastadt, 1951

 

L’architetto ha un rapporto col suo mestiere, con la sua arte, molto diverso da quello degli altri artisti, con le loro rispettive arti. La ragione è ovvia: l’architettura non è, non può, non deve essere un arte esclusivamente personale. E’ un arte collettiva. L’autentico architetto è un intero popolo.

José Ortega y Gasset

 

Tradition cannot be inherited, and if you want it you must obtain it by great labour. It involves, in the first place, the historical sense, which we may call nearly indispensable to anyone who would continue to be a poet beyond his twenty-fifth year; and the historical sense involves a perception, not only of the pastness of the past, but of its presence; the historical sense compels a man to write not merely with his own generation in his bones, but with a feeling that the whole of the literature of Europe from Homer and within it whole of the literature of his country has a simultaneous existence and composes a simultaneous order. This historical sense, which is a sense of the timeless as well as of the temporal and of the timeless and of the temporal together, is what makes a writer traditional. And it is at the same time what makes a writer most acutely conscious of his place in time, of his contemporaneity.

T. S. Eliot, Tradition and the individual talent, the Egoist, London, 1919

 

L’architettura non è esattamente silenzio. E’ piuttosto una conversazione a voci abbassate. Le idee ci sono, ma il vero sforzo sta nel renderle invisibili.

Fernando Tavora

 

Per valutare una città come spazio organizzato, c’è un solo modo: percorrerla, viverla, passeggiare per le sue strade, scendere lungo i suoi pendii, salire ai suoi punti più alti, abitare le case, sentirla come organismo vivo che non si ferma, che giorno dopo giorno muta.”

Fernando Tavora, Porto e il suo spazio

 

Un disegno che mi piace fare è quello del leone, di tutti i leoni che ho visto in giro per il mondo, perchè il leone seduto è uno dei più stupendi esempi di architettura e di scultura che siano mai stati eseguiti. Così il progetto di architettura deve essere realizzato pensando che le parti siano sostenute da un sublime equilibrio, che è forse quello del leone o delle piramidi.

Fernando Tavora

 

[…] Tuttavia il recupero, a me pare un gesto normale dell’architettura, sia che io restauri un edificio esistente, sia che l’edificio ancora non esiste; se c’è uno spazio, un luogo, io sto riqualificando quel luogo.

Fernando Tavora

 

Ci conoscevamo da molto tempo … ma iniziammo a conoscerci meglio solo quando, insieme intraprendemmo il romanzo della sua – della nostra – trasformazione. Dovevo toccarla; e toccarla fu un atto di amore, lungo e lento, persistente e cauto, guidato da dubbi e certezze, fu un processo sinuoso e flessibile, non un progetto da tecnigrafo, fu un modo di procedere da uomo innamorato, non da freddo tecnocrate, fu un progetto fatto di gesti, piu che di segni sulla carta. Passarono così dieci anni di gesti lenti e di pochi fogli di carta, dieci anni predisponendo  e decidendo con cautela le trasformazioni che tutti e due – lei e io – avremmo amorosamente accettato. Abbiamo così incrociato le nostre vite: oggi lei sta là, proseguendo nel suo tempo e nel suo spazio, il suo disegno sta lì per scrivere e ricordare la storia del nostro romanzo. Ci conoscevamo da molto tempo. Adesso, però, ci conosciamo meglio, ed entrambi siamo cambiati.

Fernando Tavora, La mia opera

 

Nelle grandi opere c’è molto di un singolo ma anche molto di molti altri. Ed è questo molto di molti altri – passati e presenti, in un concatenamento successivo – che conferisce all’opera un carattere più che individuale,  un carattere, diciamo, integrale, perché è concezione di uno, ma basato, fondato, sul lavoro di molti e avendo come finalità servire la totalità. Lo stile nasce esattamente non da un uomo ma da ciò che quest’uomo racconta di tutti coloro che gli stanno intorno, fornendo loro, nel caso dell’architettura,  la possibilità di manifestarsi.

Fernando Tavora, Vendas Nova, 1945

 

Disillusi dalla varietà, gli uomini vogliono oggi l’unità; l’unità è sinonimo di riconoscimento di leggi esterne, o di leggi che, essendo formulate dallo stesso uomo, siano di carattere universale. L’ordine può solo nascere dall’unità … Basta esperienze, basta scuole, basta individualismi; vogliamo qualche cosa di superiore a tutto questo, che sia il riflesso non di un uomo ma dell’umanità, non di un individuo ma di una società; vogliamo principi comuni, vogliamo pensieri generali, vogliamo leggi direttrici; che ciascuno si sottometta ad esse, e solo nella loro osservanza incontri la sua libertà. La storia ci prova che i grandi periodi furono possibili solo quando erano presenti la fede e la fiducia in determinati principi: e quando, accettandoli, fu costruito su di essi. C’è un’architettura in quei periodi classici; e architettura è anche sinonimo di struttura di leggi eterne e immutabili; senza verità non c’è architettura.

Fernando Tavora, Ordem e Unidade, Foz, 1945

 

Dimenticare è tanto importante quanto ricordare, sono funzioni fondamentali e complementari. Dimenticare è  un modo per selezionare, dunque, una forma del ricordo. Per progettare è necessario saper dimenticare, così nell’architettura come nella vita.

Fernando Tavora

 

Tutto è viaggio. Tutto è ricerca.

Fernando Tavora

 

Fare architettura è come mangiare.

Fernando Tavora

 

Incontrare è scoprire, catturare, rubare.

Fernando Tavora

 

E’ con il silenzio che si fanno le voci.

Herberto Helder

 

La trasmutazione è il principio generale e universale del mondo. Riguarda le cose, gli animali e l’uomo con il suo corpo e il suo linguaggio. Lavorare nella trasmutazione, nella trasformazione, nella metamorfosi è il fondamento della nostra opera.

Herberto Helder, O Corpo O Luxo A Obra

Il lavoro dell’Architetto è ad alto rischio. Cammina sul filo del rasoio, percorre scorciatoie, canali e meandri di un delta dalle mille ramificazioni. Alcune delle quali si ritrovano in un mare. Ogni progetto è come se fosse l’unico di una vita. Trasforma in polvere i precedenti e, ancor prima di conoscerlo, il futuro che poco a poco costruisce. Nasce articolando ragionamenti metodici, e tuttavia dipende da un’intuizione istantanea. L’intuizione è la cristallizzazione di esercizi divergenti, ciascuno irreversibile e prontamente sostituito. Nasce accumulando certezze opposte […]. L’Architettura è una tela bianca senza la quale non ci sarebbe Architettura. Tela bianca, anche se ci continua a riempirla. L’Architettura blocca ad ogni istante il movimento che la trasporta senza sospensioni.

Alvaro Siza, Porto, 11 agosto 2008

 

Nessun disegno mi procura tanto piacere come i disegni di viaggio. Viaggiare è una prova del fuoco, individuale o collettiva. Ognuno di noi dimentica alla partenza un sacco pieno di preoccupazioni, di scocciature, di stress, di noia, di preconcetti. Allo stesso tempo, perdiamo un mondo di piccole comodità e l’incanto perverso della routine. […]

Cosa c’è di meglio che sedersi a un tavolo all’aperto, a Roma, a fine pomeriggio, assaporando l’anonimato e una bibita dal colore stravagante – monumenti su monumenti da vedere e la pigrizia che avanza dolcemente? All’improvviso la matita o la bic cominciano a fissare immagini, volti in primo piano, profili abbozzati o luminosi particolari, le mani che li disegnano.

Tratti prima nitidi, imprigionati, poco precisi, e per questo ostinatamente analitici, per un attimo vertiginosamente definitivi, liberi fino all’ubriachezza; poi affaticati e gradualmente irrilevanti. Nello spazio di un vero Viaggio gli occhi, e attraverso di loro la mente, acquisiscono insospettabili capacità. Impariamo smisuratamente; quello che impariamo riaffiora, dissolto nei tratti che dopo tracciamo.

Alvaro Siza, Disegni di viaggio, Boston, aprile 1988

 

Parlando in termini generali, ci sceglie di fare architettura non ha bisogno di “saper disegnare”, ancora meno deve saper “disegnare bene”. Il disegno, inteso come linguaggio autonomo, non è indispensabile al progetto. […]

Il disegno è una forma di comunicazione, con se stessi e con gli altri. Per l’architetto è inoltre, fra i tanti, uno strumento di lavoro; un modo di imparare, comprendere, comunicare, trasformare: un modo di progettare. L’architetto può utilizzare diversi strumenti, ma niente sostituirà il disegno senza che vi sia un danno, né il disegno potrà assumere ruoli che non gli spettano.

La ricerca dello spazio organizzato, il calcolato assedio a ciò che esiste e a ciò che si desidera, passano attraverso l’intuizione che il disegno introduce subito nelle più logiche e partecipate costruzioni; alimentandole e alimentandosene. Tutti i gesti – anche il gesto di disegnare – sono colmi di storia, di memoria incosciente, di smisurata anonima sapienza. E’ necessario non trascurare l’esercizio, affinché i gesti non diventino rigidi, e con loro il resto.

Alvaro Siza, L’importanza del disegnare, Porto, giugno 1987

 

Trasformare lo spazio allo stesso modo in cui trasformiamo noi stessi: mediante pezzi confrontati con ‘gli altri’. La natura come dimora dell’uomo, e l’uomo, come creatore della natura, assorbono entrambi tutto, accettando o respingendo ciò che aveva una forma transitoria, perché tutto lascia in essi il segno. Partendo da pezzi isolati, cerchiamo lo spazio che li sostiene.

Alvaro Siza

 

Voglio che i miei edifici restino anonimi, che è il contrario di passare inosservati.

Eduardo Souto de Moura

 

Come usa dire di se, l’architetto deve, da un lato, stare attento al mondo e dall’altro deve essere un po schizofrenico. Perché quando deve disegnare il mondo è un foglio A4.

Eduardo Souto de Moura

 

Sono stato educato in un ambiente di muri. [I muri] hanno un significato nella topografia perché per costruire qualcosa bisogna fare piattaforme. […] La topografia è un elemento sul quale punto ogni volta. È pietra naturale […]. La pietra dà un’immagine in architettura che trasmette una potente espressione pittorica e mi piace molto. Indipendentemente dalla sua funzione, il muro è come una pittura. Le pietre irregolari restano in equilibrio con l’aiuto di pietre più piccole che le stabilizzano. Una per una: una pietra stabile, due, tre, formano un muro stabile; e ciò è una meraviglia

Eduardo Souto de Moura

 

Il limite non è il punto in cui una cosa finisce, ma, come sapevano i greci, ciò da cui una cosa inizia la sua essenza

Martin Heidegger, Costruire, abitare, pensare, 1954

 

L’architettura non desidera essere funzionale. Vuole essere opportuna

Paulo Mendes da Rocha

 

La natura per noi è la meccanica celeste, la forza di gravità, la trasformazione del pianeta, instabilità del tutto.

Paulo Mendes da Rocha

 

E’ il disegno della città a esprimere più di qualunque altro la capacità dell’uomo di dare forma e di imprimere un’altra configurazione alla natura in termini tanto effettivi quanto simbolici.

Paulo Mendes da Rocha

 

Per me l’architettura prima, primordiale è la geografia. Prima di costruire, l’uomo scelse un luogo, dove previde una situazione architettonica in relazione allo spazio: qui fonderemo una città, in questo estuario sorgerà un porto. L’idea della proiezione di questo universo costituito dagli insediamenti umani implica un’idea di costruzione a partire dalla configurazione iniziale che è inscritta nella geografia e la sua necessaria trasformazione. L’architettura è un agente trasformatore dello spazio nella misura in cui persegue i desideri e le necessità dell’uomo, della storia, della società.

Paulo Mendes da Rocha

 

L’architettura è fatta di progetti dell’imprevedibilità della vita. Ciò che progetta tale imprevedibilità è una costruzione nitida e rigorosamente tecnica, che però non determina modo, mezzo, fine e programma. Sollecita l’indeterminatezza, l’imponderabilità della libertà individuale.

Paulo Mendes da Rocha, A cidade para todos

 

Nessuno abita in casa. Si abita in città […] L’individuo può essere individuo se sta in mezzo ai suoi eguali. Non esiste l’individuo puro. Può esistere solo in mezzo agli altri […] L’idea della casa come idealizzazione di ciò che sta fuori dalla città, questa casa che pretende di fare ritorno in campagna, che pretende di idealizzare il castello signorile, che nega la libertà dell’uomo, che si lega all’idea di eredità e fortune, di camera, questa casa non è più la casa moderna.

Paulo Mendes da Rocha, Morar na era moderna, 1986

 

A differenza dei più che provano paura davanti alla miseria, senza sapere perché io mi sono sempre sentito attirato dalla povertà, dalle cose semplici. Non mi riferisco alla miseria in assoluto bensì alla povertà dell’essenziale. Ritengo fastidioso tutto ciò che è superfluo. Tutto ciò che non è necessario diviene grottesco, specialmente nei tempi in cui viviamo.

Paulo Mendes da Rocha

 

L’architettura è destinata al fare e non al mostrare, a realizzare e non semplicemente a stupire, con la concretezza di questo rapporto fra razionalità e libertà. Per me la prima, anzi primordiale, architettura è la geografia.

Paulo Mendes da Rocha

 

Se le forme sono assurde è perché le premesse sono irrazionali.

Joao Batista Vilanova Artigas

 

Ammiro i poeti. Esprimono con due parole ciò che gli altri dicono con migliaia.

Joao Batista Vilanova Artigas

 

Architettura, fondamentalmente, è sfidare la legge di gravità […]. Il resto è comfort. Un po di comfort qua, un po di comfort là.

Joao Batista Vilanova Artigas

 

Diciamo che un volto è bello quando la precisione della figura e la disposizione dei lineamenti rivelano le proporzioni che percepiamo essere armoniose, in quanto emanano nelle profondità di noi stessi e al di là dei nostri sensi una risonanza, una sorta di tavola euritmica che inizia a vibrare […]. Questa tavola euritmica che vibra dentro di noi è il nostro criterio per riconoscere l’armonia. Questo è in realtà l’asse su cui l’uomo è organizzato […] e tutti gli oggetti della natura sono basati; quest’asse ci porta ad assumere un’unità di condotta nell’universo […] se i risultati del calcolo matematico ci appaiono soddisfacenti e armoniosi, è perché derivano dall’asse. Se, attraverso il calcolo, l’aeroplano assume l’aspetto di un pesce […] è perché ha ritrovato l’asse.

Le Corbusier, Vers une architecture

 

Le modanature del Partenone sono sicure e inesorabili. Per rigore superano di gran lunga la nostra prassi o le normali capacità dell’uomo. Qui è fissata e determinata la più pura testimonianza della fisiologia della sensibilità, e della speculazione matematica a essa legata: noi siamo attirati dai nostri sensi; siamo rapiti dalle nostre menti, tocchiamo l’asse dell’armonia

Le Corbusier, Vers une architecture

 

Fidia, nel costruire il Partenone, non lavorò come costruttore, ingegnere o progettista, tutti questi elementi già esistevano. Quello che egli fece fu di perfezionare il lavoro e conferirgli una nobile spiritualità.

Le Corbusier, Vers une architecture

 

Dovremmo giudicare non tanto dai risultati quanto dal processo creativo. Tenuto conto che è solo questo che rivela se la forma è derivata dalla vita o creata per se stessa.

Ludwig Mies Van der Rohe

 

L’architettura non ha niente a che fare con l’invenzione delle forme.

Ludwig Mies Van der Rohe

 

La mancanza di un valido accordo diventò manifesta, e nemmeno i maggiori sforzi degli artisti del momento riuscirono a superare questa carenza. I loro sforzi, comunque, si limitarono al soggettivo. Dal momento che l’approccio autentico all’architettura dovrebbe sempre essere oggettivo, le uniche soluzioni valide di quel tempo le troviamo nei casi in cui i limiti oggettivi erano imposti e non c’era spazio per una licenza soggettiva.

Ludwig Mies Van der Rohe

 

Si dice che ogni persona è un’isola, e non è vero, ogni persona è un silenzio, questo sì, un silenzio, ciascuna con il proprio silenzio, ciascuna con il silenzio che è.

José Saramago, La caverna, 2001

 

Se i silenzi non parlassero nessuno potrebbe dire ciò che le parole tacciono.

Josè Bergamin

 

L’arte è senso. Nella massima semplicità risiede l’arte somma.

Bruno Taut

 

Buona parte della storia dell’architettura si può riassumere nell’ardimentoso sforzo che gli architetti compiono perché si dimentichi il peccato originale che il ricorso all’arbitrarietà comporta. L’arbitrarietà introdotta nel passato reclama l’oblio e qualsiasi teoria architettonica pretende di giustificare la forma su basi razionali.

Sul concetto di arbitrarietà, Rafael Moneo

 

Essere uno con il tutto, questo è il vivere degli dei; questo è il cielo per l’uomo […] Essere uno con tutto ciò che vive! Con queste parole la virtù depone la sua austera corazza, lo spirito umano lo scettro e tutti i pensieri si disperdono innanzi all’immagine del mondo eternamente uno […] e la ferrea fatalità rinuncia al suo potere e la morte scompare dalla società delle creature e l’indissolubilità e l’eterna giovinezza rendono felice e bello il mondo […] un dio è l’uomo quando sogna, un mendicante quando riflette […]

Friedrich Hölderlin, Iperione

 

La differenza fra un buon architetto e un cattivo architetto consiste oggi nel fatto che quest’ultimo soccombe a ogni tentazione, mentre l’altro le resiste.

Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi, 1934/37

 

Il mio ideale è una certa bellezza, un tempio che faccia da sfondo alle passioni senza interloquire.

Ludwig Wittgenstein

 

La vera musica è il silenzio. Tutte le note non fanno che incorniciare il silenzio.

Miles Davis

 

La cosa più importante del comporre è la gomma da cancellare.

Arnold Schoenberg

 

Il meglio del nuovo corrisponde ad un antico bisogno. Le opere autentiche sono allora delle critiche di quelle passate.

Theodor Adorno

 

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Italo Calvino, Le città invisibili, 1972

 

Mi piacerebbe scrivere sull’architettura come solo i poeti sanno fare, perché essi non sono né critici né architetti, ma ricercatori/artigiani che cercano l’essenza dandole una forma. Non capiscono, o non si accorgono, di cronologie, di tecniche o di funzioni e, ancor meno, di relazioni esplicative riguardanti contesti culturali, ancor meno filosofiche. Non applicano altri criteri se non quelli scaturiti dall’emozione estetica che si concretizza nella parola. E se il tema in questione è l’architettura, non sappiamo più cosa preferiamo tra essa e la poesia. Se io fossi così, e mi piacerebbe esserlo, potrei scrivere senza dover utilizzare parole estranee: Alvaro, la tua opera è una poesia di geometria e silenzio, di angoli acuti e piatti, perché tra due linee vive il bianco.

Alexandre Alves Costa

 

Pulchra dicuntur quae visa placent,  belle sono dette quelle cose che viste destano pla­cere.

Tommaso d’Aquino

 

Tre sono gli elementi costitutivi della bellezza: l’integrità, la proporzione e lo splendore (claritas): “Per la bellezza si richiedono tre elementi: in primo luogo l’integrità o perfe­zione (integritas sive perfectio), poiché le co­se incomplete, proprio in quanto tali, sono deformi. Quindi si esige la dovuta propor­zione o armonia (debita proportio sive con­sonantia) tra le parti. Infine chiarezza o splendore (claritas): difatti diciamo belle le cose dai colori nitidi e splendenti” (I, q. 39, a. 8). Dei tre elementi il primo generalmen­te è dato per scontato, e per questo motivo molto spesso parlando della bellezza S.Tommaso si limita a menzionare gli altri due (la proportio o consonantia e la claritas), insistendo maggiormente sul primo, cioè la giusta proporzione.

Tommaso d’Aquino

 

L’uomo è circondato da un mondo pieno di meraviglie e di forze la cui legge egli intuisce e cerca di comprendere senza riuscire a decifrarla mai del tutto. Un’armonia di cui gli giungono solo gli accordi staccati e che mantiene il suo spirito insoddisfatto in uno stato di continua tensione. Allora, egli evoca come per incanto quella irraggiungibile perfezione, si costruisce un mondo in miniatura in cui si manifesti la legge cosmica, un mondo che, sia pur nell’estrema piccolezza, è in sé concluso e in tal senso perfetto. In gioco, l’uomo soddisfa il suo istinto cosmologico.

Gottfried Semper

 

Posso condurvi sulle sponde di un lago montano? Il cielo è azzurro, l’acqua verde e tutto è pace profonda. I monti e le nuvole si rispecchiano nel lago e così anche le case, le corti e le cappelle. sembra che stiano lì come se non fossero state create dalla mano dell’uomo. […]

Ma cosa c’è là? Una stonatura si insinua in questa pace, come uno stridore inutile […] C’è una villa.

L’opera di un buono o di un cattivo architetto? Non lo so. So soltanto che la pace, la quiete e la bellezza se ne sono già andati […] Perché tutti gli architetti, buoni o cattivi, finiscono per deturpare il lago […].

Il contadino non lo fa […]. Egli ha voluto costruire una casa per sé, per la sua famiglia e per il suo bestiame e gli è riuscito. Proprio come è riuscito al suo vicino e al suo avo. […]. E’ bella la casa? Si è bella proprio come sono belle la rosa e il cardo, il cavallo e la mucca.

Adolf Loos, 1910

 

Niente ho aborrito in tutta la mia vita che creare forme nuove. […] Se uno non mente è originale quanto basta.

Adolf Loos

 

Non ci si siede in un certo modo perché una poltrona è fatta in quel certo modo, ma si deve costruire una poltrona in un certo modo perché ci si siede in quel certo modo.

Adolf Loos

 

Soltanto una piccolissima parte dell’architettura appartiene all’arte: il sepolcro e il monumento.

Adolf Loos

 

La principale bellezza di un edificio dipende da numeri e da relazioni fra numeri: è una bellezza noetica, mentale.

Leon Battista Alberti

 

Tra l’opera grafica del pittore e quella dell’architetto c’è questa differenza: quello si sforza di far risaltare oggetti in rilievo mediante le ombreggiature ed il raccorcoamento di linee ed angoli; l’architetto, invece, evitando le ombreggiature, raffigura i rilievi mediante il disegno della pianta, e rappresenta in altri disegni la forma e l’estensione di ciascuna facciata e di ciascun lato servendosi di angoli reali e di linee non variabili: come chi vuole che l’opera sua non sia giudicata in base ad allusorie parvenze, bensì valutata esattamente in base a misure controllabili…

Leon Battista Alberti

 

Il modo di eseguire una costruzione consiste tutto nel ricavare da diversi materiali, disposti in un certo ordine e congiunti ad arte, una struttura compatta e, nei limiti del possibile, integra e unitaria. Si dirà integro e unitario quel complesso che non contenga parti scisse o separate dalle altre o fuori del loro posto, bensì in tutte le sue linee dimostri coerenza e necessità. Bisogna quindi ricercare nella struttura, quali siano le parti fondamentali, quale il loro ordinamento, quali le linee di cui si compongono.

Leon Battista Alberti

 

Alla base dell’Architettura è sempre un problema morale: alla base del nostro mestiere non ci sono che doveri. Dalla presa di coscienza dei problemi , e soltanto da qui, l’architetto potrà trarre le forme che aderiranno ai modi di vita della sua società. Dalla presa di coscienza dei problemi egli trarrà l’invenzione di nuove forme, che genereranno nuovi modi di vita.

Franco Albini

 

L’architettura è fondamentalmente il rito dell’appropriazione dei luoghi, costruire per stare.

Livio Vacchini

 

Una buona soluzione in architettura esprime sempre con evidenza il problema da cui muove. Il suo problema, la sua ragione di essere.

Giorgio Grassi

 

L’architettura è ciò che rende belle le rovine.

Auguste Perret

 

Noi non risolviamo problemi formali, ma costruttivi e la forma non è il fine, ma il risultato del nostro lavoro.

Ludwig Mies Van der Rohe

 

Ogni materiale ha solo il valore che da esso sappiamo trarre.

Ludwig Mies Van der Rohe

 

L’architettura è l’espressione visibile di un punto di vista che altri desiderano condividere

Ludwig Mies Van der Rohe

 

La bellezza è lo splendore della verità

Sant’Agostino

 

Veritas est adaequatio rei et intellectus 

Tommaso D’aquino, Summa theologiae,  1266-1273

 

Locarc è un collettivo di architetti fondato nel 2014 da Alessandro Lontani, Emanuele Semprini e Andrea Sperandio.

Locarc adatta il progetto alle caratteristiche fisiche e culturali del luogo in cui opera con un approccio logico, un linguaggio razionale e modelli geometrici elementari.

Locarc partecipa trasversalmente a concorsi d’architettura e a progetti d’incarico pubblico – privato, in collaborazione con professionisti e maestranze del territorio.

Locarc 

via dei Mille 34
47921 Rimini
locarc.mail@gmail.com

Alessandro Lontani
lontani.locarc@gmail.com
+39 339 1808783

Emanuele Semprini
semprini.locarc@gmail.com
+39 388 7243341

Andrea Sperandio
sperandio.locarc@gmail.com
+39 328 4947487

 

 

 

Design + development
Davide Giorgetta